Una visita guidata virtuale alle collezioni del Museo Arcivescovile di Ravenna
All’interno delle collezioni del Museo Arcivescovile di Ravenna è custodita una piccola urna di marmo datata al V secolo. Essa proviene dalla Chiesa di San Giovanni Battista di Ravenna.
Secondo la tradizione custodiva le reliquie dei Santi Giulitta e Quirico, madre e figlio, che la leggenda agiografica vuole originari di Iconio in Asia Minore (attuale Turchia) e martirizzati a Tarso sotto la persecuzione di Diocleziano nel 304. Numerosissime sono le versioni della loro Passio, segno della diffusa devozione verso questi due martiri. Il loro culto sarebbe stato portato in Occidente da San Germano, vescovo di Auxerre, all’inizio del V secolo, e successivamente, nel VI secolo, a Roma grazie alla traslazione delle reliquie da parte di papa Vigilio.
La capsella presenta, in un leggero bassorilievo, interessantissime iconografie. Sui lati corti abbiamo la traditio legis e Daniele nella fossa dei leoni. Quest’ultima è una immagine consueta che simboleggia la salvezza del giusto che nella persecuzione si affida a Dio.
Spesso associata ad un contesto funerario evoca la speranza nella Resurrezione: come Daniele è uscito indenne dalla fossa, così il giusto riceverà la vita eterna. Egli, tra due feroci leoni, è rappresentato nella classica posa dell’orante con le braccia alzate e le palme delle mani rivolte al cielo, in un atteggiamento di totale fiducia a Dio. All’estrema destra, emerge la figura del profeta Abacuc che fedele al comando divino, porta del cibo a Daniele (Dn 14, 31-42).
La scena della tradizio legis, evidenzia la consegna della legge ai principi degli apostoli, in questo caso a Pietro, quali depositari del mandato di Cristo alla Chiesa. Il Cristo, al centro della composizione, ha la destra sollevata nel gesto della parola mentre regge nella sinistra il rotolo che Pietro accoglie. Speculare a Pietro è l’apostolo Paolo che tiene nella sinistra il rotolo mentre con la destra compie il gesto dell’acclamatio.
Nei lati lunghi sono le scene dell’adorazione dei Magi e l’apparizione del Risorto alle donne, immagine quest’ultima che si unisce a quella dell’ascensione: il Cristo poggia il piede su una roccia e si protende verso il cielo ove è la mano del Padre. Sulla destra è la città di Gerusalemme (Mt 28,9-10- Lc 24, 50-53).
I Magi (Mt 2, 1-12) che offrono i doni al Bambino sono evocativi di un profondo messaggio teologico, chiara testimonianza della fede ortodossa in Gesù vero Dio e vero uomo. Il Liber Pontificalis, a commento della figura dei Magi, che il vescovo Agnello aveva messo nella Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, spiega il senso profondo dei loro doni:
“I tre doni preziosi contengono in sè i misteri divini, e cioè l’oro significa il potere regale, l’incenso la figura sacerdotale, la mirra la morte, per mostrare in tutto questo che è lui che ha preso su di sè le iniquità degli uomini, cioè Cristo”.
Giovanni Gardini