La croce gloriosa: uno sguardo al centro della fede

La croce, nella sua forma, richiama al suo essere stato strumento di morte; l’oro e le gemme mostrano la gloria e la salvezza che essa porta.
La croce gloriosa
La croce gloriosa, Mausoleo di Galla Placidia, Ravenna

Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6, 14).

La croce è legno, fuoco, sofferenza, oro, luce sfolgorante che sovrasta la notte. La croce è esperienza di fede, radicamento profondo nella parola evangelica. La croce è esperienza liturgica. La croce è esigente misura di vita che interpella l’esperienza credente. Nella tradizione bizantina ravennate la croce è sempre gloriosa, sfolgorante nell’oro del mosaico, splendente nei marmi luminosi e nelle preziose pietre, insondabile mistero di passione e di morte, epifania del Cristo risorto. La croce, nella sua forma, richiama al suo essere stato strumento di morte; l’oro e le gemme mostrano la gloria e la salvezza che essa porta: “Egli portò i nostri peccati nel suo corpo
sul legno della croce,
perché, non vivendo più per il peccato,
vivessimo per la giustizia;
 dalle sue piaghe siete stati guariti.
Eravate erranti come pecore,
ma ora siete tornati al pastore
e guardiano delle vostre anime” (1Pt 2, 24-25). La croce gloriosa è sintesi assoluta del Mistero dell’Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo: per questo è un tema decisivo nella grande tradizione dell’arte cristiana. Tra V e VI secolo Ravenna accoglie la croce gemmata nelle cupole, nei catini absidali, nei preziosi sarcofagi, nelle decorazioni dei capitelli e dei pulvini, dei plutei e delle transenne. Nella splendida volta del Mausoleo di Galla Placidia, immersa in un luminoso cielo stellato, compare la croce gloriosa del Cristo Risorto posta in asse con l’abside della basilica di Santa Croce; i quattro esseri viventi dell’Apocalisse, l’angelo, l’aquila, il leone, il toro, appaiono nel cielo e annunciano la venuta ultima del Figlio dell’uomo (cf. Ap 4, 7). Nel tamburo, sotto alla volta stellata, gli apostoli rendono gloria alla croce: Pietro e Paolo, in posizione di onore, la acclamano come segno di speranza. Queste immagini, eloquente annuncio della salvezza e incessante attesa della gloria del Risorto, preparano alla visione di Cristo, la cui immagine è posta nella lunetta sopra alla porta d’ingresso del mausoleo, dove egli compare in tutto il suo splendore, giovane, imberbe, seduto al centro del giardino paradisiaco. Egli è vestito di una ricca tunica d’oro e porpora, regge la croce dorata segno di vittoria, pasce il gregge degli eletti nel giardino del Paradiso, accarezza teneramente una pecorella. Egli è il Signore, il re della gloria (Sal 24, 7-8), il Pastore grande delle pecore, Colui che il Dio della Pace ha fatto tornare dai morti (cf. Eb 13,20), la Porta della Vita (cf. Gv 10, 9). Spendente è la croce che regge San Lorenzo sulle spalle: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16, 24). Lo stesso Mausoleo di Galla Placidia va considerato una croce gloriosa: i marmi e i mosaici che ne rivestono l’interno rendono glorioso tutto l’edificio la cui pianta è una croce latina, la medesima pianta della grande Basilica dedicata alla Santa Croce, alla quale esso, in origine, era connesso. Sulla sommità della Basilica di San Vitale è posta una croce databile al VI secolo (attualmente sul tetto è esposta una copia, l’originale è all’interno delle collezioni del Museo Nazionale). Essa va considerata una croce gloriosa: i trafori che presenta sono aperture di luce, come luce sono le gemme che ammiriamo incastonate nelle croci liturgiche. Di questa croce abbiamo un interessante rimando iconografico all’interno della stessa Basilica. Al centro del mosaico dell’abside abbiamo infatti Cristo tra gli angeli, la sua corte celeste, assiso sul globo come su un trono di gloria. Veste la porpora imperiale, regge il rotolo dai sette sigilli: egli è il solo degno di prendere il libro, di aprirlo, di scrutarne le profondità perché è stato immolato, è passato attraverso il crogiolo della croce (Ap 5, 9). Gesù porge la corona della gloria a Vitale, il martire titolare a cui è dedicata la basilica, e accoglie la chiesa offerta da Ecclesio, il vescovo che la tradizione  riconosce come il fondatore dell’edificio. Il modello della Basilica presenta sulla sommità una grande croce d’oro, interessante documento che testimonia, sin dall’epoca antica, la presenza della croce sulla sommità delle chiese. Croce di gloria è quella che regge l’arcivescovo Massimiano, raffigurato nel corteo processionale con l’imperatore Giustiniano che porge l’offerta del pane e l’imperatrice Teodora che offre il calice del vino. Straordinaria è la croce al centro del catino della Basilica di Sant’Apollinare in Classe, rappresentazione simbolica del Cristo trasfigurato. Accanto alla grande croce, effigiati come agnelli, sono gli apostoli Pietro, alla destra, e i fratelli Giacomo e Giovanni, alla sinistra. Essi sono i tre discepoli scelti da Gesù per salire con lui sul monte della trasfigurazione. Tra le nubi compaiono Mosè ed Elia – sintesi della legge e dei profeti – i quali dialogano con Gesù dell’Esodo che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. Sopra alla croce è la mano benedicente del Padre, mano/voce che proclama: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo” (Lc 9, 35). Lungo i bracci della croce abbiamo iscrizioni significative. Partendo dall’alto abbiamo l’iscrizione greca Ixtus, che significa pesce, acrostico che rimanda alla fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, il Salvatore. Ai piedi della croce è l’iscrizione latina Salus mundi, Salvezza del mondo. Alle estremità del braccio orizzontale sono le lettere greche alfa e omega, l’inizio e la fine. Queste iscrizioni vanno lette come un unico testo, definizione dogmatica, chiara ed inequivocabile, di dottrina ortodossa, antiariana: Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, Principio e compimento, Salvezza del mondo. Il grande cielo stellato nel quale trionfa la croce gloriosa della resurrezione, si svela in una valenza simbolica ulteriore: le novantanove stelle possono essere paragonate alle novantanove pecore della parabola, salve nell’ovile (cf. Lc 15, 1-9). La centesima pecorella, che il buon pastore porta in salvo, è simboleggiata dal pallio che il Vescovo Apollinare porta sulle spalle. Croce gloriosa è la croce argentea dell’arcivescovo Agnello custodita nelle Collezioni del Museo Arcivescovile: essa è luce nella scelta del materiale che la compone – l’argento – e nella scelta iconografica dove sono ricapitolate nella gloria del Cristo, le immagini della Vergine Maria – rappresentata come orante – e le figure di quaranta santi la cui vita luminosa è stata testimonianza profetica del Vangelo.Croci gloriose sono scolpite sui sarcofagi. Uno splendido esempio è visibile nel sarcofago di Barbaziano, posto nella Cappella della Madonna del Sudore nel Duomo di Ravenna: sul coperchio si stagliano due grandi croci, la cui lavorazione evoca la presenza di gemme e pietre preziose.

Giovanni Gardini

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