Annunciazione, mistero di misericordia

Di nuovo, il terzo giorno, mentre con le sue dita lavorava la porpora, entrò da lei un giovane la cui bellezza era inesprimibile.
Annunciazione
Annunciazione, dettaglio, Cattedra d'avorio di Massimiano, Ravenna

Andrea Angnello, nel Liber Pontificalis della Chiesa ravennate, ricorda l’effigie della Santa Madre di Dio – splendida immagine da contemplare – nella volta dell’abside della Basilica di Santa Maria Maggiore, edificio voluto da Ecclesio, vescovo della chiesa ravennate (522-532). Ai piedi della Vergine, ai tempi dello Storico, si poteva leggere un’iscrizione poetica, di un forte contenuto dogmatico di fede ortodossa, antiariana, incentrata sul mistero dell’Incarnazione: «Rifulge l’aula della Vergine, che ricevette Cristo dal cielo e prima dal cielo venne un angelo ad annunziarlo. Mistero! Genitrice del Verbo ed eternamente vergine, e fu fatta madre del Signore che l’aveva creata. Riconoscono la verità i magi, gli zoppi, i ciechi, la morte e la vita. Ecclesio consacra il tempio a Dio»[1].
Questo preziosissimo testo non può non ricordare il mosaico dell’arco absidale della ben più solenne omonima basilica romana dedicata alla Madre di Dio, le cui scene sono incentrate sulla divinità del Cristo, immagini che nel loro insieme «superano il livello di semplice illustrazione delle storie cristologiche e risultano trasformate in «visualizzazione simbolica» di principi teologici» [2]. Questa stessa densità dogmatica si rintraccia in quel capolavoro assoluto che è la Cattedra d’avorio di Massimiano, superba opera della seconda metà del VI secolo, custodita presso il Museo Arcivescovile di Ravenna: il ciclo figurativo della fronte, che in un’intensa narrazione ricca di particolari presenta i vangeli dell’infanzia, si apre con la scena dell’annunciazione[3]. Come nel grande arco romano, l’immagine trae ispirazione dai vangeli apocrifi; in questa formella, al sopraggiungere dell’angelo Gabriele, Maria, intenta a tessere la porpora per il velo del Tempio, stringe il fuso nella mano sinistra, mentre porta la destra al petto. Questo gesto, carico di presagi, s’inserisce all’interno della tradizione apocrifa già dal momento in cui Giuseppe accoglie Maria – Vergine consacrata del Tempio – nella sua dimora, insieme con altre cinque vergini, in modo da creare una continuità, e un’attesa, nel momento in cui l’angelo visita la giovane di Nazaret: «Allora Giuseppe prese Maria con altre cinque vergini che dovevano restare con lei nella casa di Giuseppe. Queste vergini erano: Rebecca, Sefora, Susanna, Abigea e Cael, alle quali fu dato, dal pontefice, seta, giacinto, bisso, scarlatto, porpora e lino. Tra esse, trassero a sorte che cosa ognuna doveva fare: a Maria toccò di prendere la porpora per il velo del tempio del Signore. Quando la prese, le altre vergini le dissero: Essendo tu l’ultima, umile e più piccola di tutte hai meritato di prendere e ottenere la porpora. Così dicendo, quasi per prenderla in giro, iniziarono a chiamarla regina delle Vergini. Mentre tra di loro facevano questo, apparve l’angelo del Signore in mezzo a loro, e disse: Questa espressione non sarà una presa in giro, bensì l’espressione di una verissima profezia. Spaventate dalla presenza dell’angelo e dalle sue parole, la pregarono che le perdonasse e pregasse per loro»[4].

Il giorno dopo quest’angelica visione, il vangelo dello pseudo Matteo colloca l’annunciazione articolata secondo due precisi tempi, Maria alla fonte e la Vergine che, in casa, tesse la porpora: «Il giorno dopo, mentre Maria era alla fontana per riempire la brocca, le apparve un angelo del Signore, e le disse: Sei beata, o Maria, perché nel tuo utero hai preparato una abitazione per il Signore. Ecco che dal cielo verrà la luce e abiterà in te e, per mezzo tuo, risplenderà in tutto il mondo. Di nuovo, il terzo giorno, mentre con le sue dita lavorava la porpora, entrò da lei un giovane la cui bellezza era inesprimibile. Vedendolo, Maria ebbe paura e tremò. Ma egli le disse: Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del tuo ventre. All’udire ciò, tremò ed ebbe paura. Allora l’angelo del Signore proseguì: Non temere, o Maria. Hai trovato grazia presso Dio: ecco che concepirai nell’utero e genererai un re che non soltanto riempie la terra, ma anche il cielo, e regna nei secoli dei secoli»[5]. La porpora che Maria è intenta a tessere, come il testo apocrifo ricorda, servirà per il velo del Tempio, quello stesso velo che, alla morte di Cristo, si sarebbe squarciato in due, «da cima a fondo», segno accompagnato da altri eventi straordinari: «la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono»[6].

Il mistero dell’Incarnazione si unisce, fin da subito, al mistero della croce gloriosa del Signore, strumento di salvezza per tutti gli uomini: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui»[7].

Affiorano alla mente le parole della Bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia: «Dopo il peccato di Adamo ed Eva, Dio non ha voluto lasciare l’umanità sola e in balia del male. Per questo ha pensato e voluto Maria santa e immacolata nell’amore, perché diventasse la Madre del Redentore dell’uomo. Davanti alla gravità del peccato, Dio risponde con la pienezza del perdono»[8]. A ben ragione quindi la Chiesa riconosce Maria Mater Misericordiae, Madre di Colui che è la misericordia per tutta l’umanità.

Parole bellissime ha scritto San Bernardo immaginando l’annunciazione nel momento il cui tutta la creazione tace di un profondissimo silenzio, in attesa della misericordiosa risposta di Maria: «Hai sentito, o Vergine, il fatto; hai sentito anche il modo. Fatto e modo mirabili e giocondi: giubila, o figlia di Sion, ed esulta grandemente, o figlia di Gerusalemme. E poiché il tuo orecchio ha udito gaudio e letizia, fa’ che anche noi possiamo sentire da te l’annuncio gioioso che desideriamo, affinché esultino le nostra ossa abbattute.

Hai udito il fatto e hai creduto: credi anche al modo in cui esso si compirà. Hai udito che concepirai e partorirai un figlio; hai udito che questo avverrà non per opera di uomo, ma per intervento dello Spirito Santo. L’angelo aspetta la tua risposta: ormai è tempo che egli ritorni a colui che lo ha mandato. Stiamo aspettando anche noi, o Signora, la tua parola di compassione, noi che siamo miserabili sotto il peso di una condanna. Ora, ecco che ti è offerto il prezzo del nostro riscatto: se vi acconsenti, noi saremo immediatamente liberati. Siamo stati tutti creati nell’eterno Verbo di Dio, eppure stiamo morendo; nella tua breve risposta sta la nostra guarigione, la nostra vita.

Questo da te implora, o Vergine pietosa, Adamo piangente con la sua progenie esule dal paradiso terrestre; questo implorano da te Abramo e David; questo implorano gli altri santi padri, i tuoi padri, perché anch’essi stanno laggiù nell’ombrosa regione della morte. Tutta l’umanità, prostrata ai tuoi piedi, l’attende. E non a torto, dal momento che dal tuo consenso dipende il conforto dei miseri, la redenzione degli schiavi, la liberazione dei condannati, insomma la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutta la tua stirpe.

Rispondi presto, o Vergine. Pronuncia, o Signora, la parola che terra e inferi, e persino il cielo aspettano. Anche il re e Signore di tutti, quando si è invaghito della tua grazia, altrettanto desidera la tua affermativa risposta: poiché per essa ha deciso di salvare il mondo. Piacesti a lui nel silenzio, gli piacerai ancor di più con la tua parola. Dal cielo egli ti chiama: O bella tra le donne, fammi sentire la tua voce. Se tu, dunque, gli farai sentire la tua voce, egli ti farà vedere la nostra salvezza. (…). Rispondi presto, perciò, all’angelo, anzi a Dio per mezzo dell’angelo. Da’ la tua parola e accogli la Parola; dì la tua parola umana e concepirai la Parola di Dio; pronuncia la tua parola che passa e stringi al tuo seno la Parola che è eterna. (…). Apri, dunque, o Vergine beata, il tuo cuore alla fede, le tue labbra alla parola, il tuo seno al Creatore. Ecco, colui che è il desiderato di tutte le genti, sta fuori e bussa alla tua porta. (…). Eccomi, dice, sono la serva del Signore; avvenga di me quello che hai detto»[9].

Giovanni Gardini

ANNUNCIAZIONE CATTEDRA.jpeg

Annunciazione, Cattedra d’Avorio, immagine tratta da: R. Garrucci, Storia dell’Arte Cristiana, Prato 1880, Vol. VI, Tav. 417, 1.

PDF da RisVeglio Duemila

Risveglio Duemila n. 47 pag. beni culturali

NOTE:

[1] M. Pierpaoli (traduzione e cura di), Il libro di Agnello Istorico. Le vicende di Ravenna antica fra storia e realtà, Ravenna, 1988, p. 83; D. Mauskopf Deliyannis (a cura di), Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis, in Corpus Christianorum CXCIX, Cambridge 2006, p. 225; Girolamo Rossi ricorda che «nell’anno 1550, durante la sede vacante per la morte di papa Paolo III, abbiamo visto crollata la suddetta bellissima immagine della Vergine Madre con i versi e con quasi tutta la volta d’oro, con grave danno e rovina», G. Rossi, Storie Ravennati, traduzione e cura di M. Pierpaoli, Longo Editore, Ravenna 1997, p. 165, H. Rubeus, Historiarum Ravennatum libri decem, hac altera editione libro undecimo aucti …, Venetiis, ex typ. Guerraea (II. Ed. accr), 1589, p. 154.

[2] M. Andaloro (a cura di), L’orizzonte tardoantico e le nuove immagini 312-468, Corpus, Volume I, Jaca Book, Milano 2006, p. 309; per una trattazione ampia e ricca di documentazione sull’interno ciclo musivo della Basilica si vedano le pp. 305-346. In questa rubrica ci siamo già occupati dell’arco absidale della basilica romana: G. Gardini, Il mistero dell’incarnazione a Santa Maria Maggiore, in RisVeglio Duemila, 19 dicembre 2014, Beni Culturali/44, p. 8.

[3] Lc 1, 26-38; per un inquadramento iconografico sulle origini e sulle prime raffigurazioni della scena dell’annunciazione si veda: F. Bisconti (introduzione e cura di), Temi di iconografia paleocristiana, Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Città del Vaticano 2000, pp. 111-113.

[4] L. Moraldi (a cura di), Apocrifi del Nuovo Testamento, Classici Utet, Torino 1975, Vol. I, pp. 211-212.

[5] Moraldi 1975, p. 212. Per un approfondimento su questo tema si veda: A. Giovanardi, Una tessitura di simboli. L’iconografia dell’Annunciazione nella pittura russa d’icone, in A. Giovanardi e A. Zuccari (a cura di), Un filo rosso tra le dita. L’Annunciazione nell’Oriente cristiano, catalogo della mostra di Vicenza, Intesa San Paolo, 2008, pp. 8-25.

[6] Mt 27, 51-52; Mc 15, 38; Lc 23, 45.

[7] Gv 3, 16-17.

[8] Misericordiae Vultus, 3.

[9] S. Bernardo di Chiaravalle, Sermoni per le feste della Madonna, Edizioni Paoline, Milano 1990, pp. 108-110.

 

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