LA BASILICA DI SANT’APOLLINARE NUOVO: Gesù vero Dio e vero uomo

“Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio,
nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero,
generato, non creato,
della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di lui tutte le cose sono state create” (Credo niceno-costantinopolitano).

La basilica di Sant’Apollinare Nuovo risale alla committenza del re goto ariano Teoderico che decorò l’interno di splendidi mosaici. Il ciclo iconografico teodericiano, fine V – primi VI secolo, è ancora visibile arricchito, nella seconda metà del VI secolo, dai mosaici commissionati dall’arcivescovo Agnello una volta che la basilica, per editto imperiale, passò alla chiesa ravennate.

Nella navata centrale, a destra e a sinistra, possiamo ammirare tre splendidi registri musivi. Dell’abside antica, conosciamo solo il perimetro; al suo posto vi é un’abside barocca.

L’immagine del palazzo di Teodorico, sulla parete destra, accoglie chi entra; dove ora sono ricchi tendaggi, anticamente si affacciavano dei personaggi: di essi rimangono lievi tracce nella trama del mosaico e mani sulle colonne. Di fronte è la città di Classe, centro della flotta militare. Dalla città di Ravenna e di Classe escono due processioni di Santi, guidate rispettivamente da Martino di Tour e da Eufemia di Calcedonia, che si dirigono verso il Cristo e la Vergine in trono. Esse, unitamente alla rappresentazione dei Magi, sono immagini del VI secolo volute dalla committenza dell’arcivescovo Agnello.

Il registro mediano, interamente di committenza teodoriciana, presenta trentadue figure di profeti che reggono rotoli o ricchi codici gemmati.

Nel terzo registro anch’esso voluto dal re Teoderico, sono raffigurati ventisei episodi evangelici. A sinistra sono tredici scene che raccontano i miracoli e le parabole del Signore: le nozze di Cana (Gv 2, 1-11), la moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mt 14, 13-21), la chiamata dei primi discepoli (Lc 5, 1-11), la guarigione dei ciechi di Gerico (Mt 20, 29-34), la guarigione dell’emorroissa (Lc 8, 40-48), l’incontro di Gesù con la samaritana al pozzo di Giacobbe (Gv 4, 1-42), la resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-45), la parabola del pubblicano e del fariseo al tempio (Lc 18, 9-14), l’obolo della vedova (Lc 21, 1-4), il giudizio finale (Mt 25, 31-46), il paralitico di Cafarnao (Lc 5, 17-26), la guarigione dell’indemoniato di Gerasa (Lc 8, 26-39), il paralitico di Betzatà (Gv 5, 1-18).

Nella parete di destra sono narrati episodi strettamente legati al ciclo della passione e resurrezione. Il racconto inizia con l’ultima cena. Il momento è quello in cui si svolge il drammatico dialogo tra Gesù e i dodici: “Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà”. La scena è dominata da un gioco di sguardi che si fissano su Gesù e su Giuda (Mc 14, 17-21). Seguono la preghiera nell’orto del Getsemani (Mc 14, 32-42), il bacio di Giuda (Mc 14, 43-49), l’arresto di Gesù (Lc 22, 54) e il giudizio davanti al Sinedrio (Mc 14, 53-65). La sesta e la settima scena hanno come protagonista Pietro: l’annuncio del tradimento (Mc 14, 26-31) e il rinnegamento (Mc 14, 66-72). A queste fanno seguito le scene di Giuda che riporta i trenta denari ai capi dei sacerdoti e agli anziani (Mt 27, 3-10), Gesù condotto davanti a Pilato (Mc 15, 1-15) e la salita al monte Calvario (Mc 15, 20-22). La croce che porta il cireneo è d’oro, rimando alla resurrezione.
Le ultime tre immagini raccontano la gloria e le apparizioni del Risorto. La prima scena mostra la tomba vuota. Alle donne venute al sepolcro di buon mattino, l’angelo annuncia loro: “Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. E` risorto” (Mt 28, 1-8). Segue l’apparizione del Cristo ai discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35). Egli si fa compagno di viaggio, spiega loro le Scritture e si manifesta nello spezzare il pane. La tredicesima scena si svolge nel cenacolo otto giorni dopo la Pasqua: Gesù appare nuovamente ai discepoli (Gv 20, 24-29). Il Cristo mostra i segni delle ferite a Tommaso, ed egli, prostrandosi, lo riconosce Dio e Signore.

Giovanni Gardini

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