Creatività emergente all’insegna del mosaico. Da Ravenna a Monza.

Daniela Iurato, Aleksandra Miteva e Sara Vasini, tre giovani artiste dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna e Paola Babini con un’istallazione, ospiti alla Biennale di Monza.
Sara Vasini, The Bell Jar
Sara Vasini, The Bell Jar

Daniela Iurato, Aleksandra Miteva e Sara Vasini, tre giovani artiste dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna e Paola Babini con un’istallazione, ospiti alla Biennale di Monza fino al 6 gennaio 2020. 

C’è tempo fino al 6 gennaio 2020 per visitare alle Orangerie della Reggia di Monza la Biennale delle Accademie, un evento che coinvolge dieci Accademie da tutto il territorio nazionale: Bergamo, Bologna, Firenze, Genova, L’Aquila, Milano con Brera e Naba, Ravenna, Torino, Venezia. Ogni Accademia è ospite con tre nomi scelti da un tutor per un totale di 30 giovani artisti. Anche l’Accademia di Belle Arti di Ravenna è presente con tre giovani artiste, Daniela Iurato, Aleksandra Miteva e Sara Vasini selezionate da Paola Babini, docente di Tecniche e tecnologie delle Arti Visive, una scelta che valorizza il mosaico come linguaggio prezioso e quanto mai contemporaneo da riscoprire oltre i confini ravennati. Tre artiste le cui opere sono accomunate, come si legge nel catalogo on-line, «dalla rinnovata lettura dell’arte musiva, fedele agli antichi riti di esecuzione ma contemporanea nella concezione estetica di un universo visivo, allo stesso tempo, franto e unitario, plurimo e organico». 

Daniela Iurato, giovane artista ragusana, è presente alla Biennale con due opere, Candida e Mente, pensate come una sorta di dittico, un’operazione che è innanzitutto mentale perché «pensare in coppia, secondo un principio dualistico, ti obbliga alla parzialità delle parti che si completano solo quando sono congiunte», leggiamo nel catalogo della mostra. Nell’opera della Iurato il mosaico pare quasi un ricamo sulla luminosa tela. Su due grandi ovali rigorosamente bianchissimi, forme raffinate dal sapore antico, emergono andamenti delicati, rilievi scultorei che vanno via via assottigliandosi. Le tessere, infatti, paiono lentamente disgregarsi e partendo da un nucleo corposo e ben definito, si affilano fino a diventare esili tracce di marmi e paste vitree. Smalti e marmi, sapientemente uniti, creano forme immaginifiche, puri giochi di fantasia e di andamenti di tessere, il cui rigore emerge dall’elegante composizione dove è evidente che nulla è lasciato al caso, in un gioco sorprendente di fragili equilibri, tra pieni e vuoti, tra la spessa materia musiva e pennellate d’impalpabili pulviscoli. 

Daniela Iurato

 

Daniela Iurato

Anche nelle opere di Aleksandra Miteva, artista macedone, ritorna il binomio tela/mosaico, ma, nella sua poetica, con un’attenzione completamente diversa. Nelle opere della Miteva non è più la fine trama ad accogliere le tessere, ma è la grezza iuta ad incorniciare un mosaico nel quale le tessere, rigorosamente di marmo, hanno colori terrosi e sordi. Sguardare e Desiderium sono due opere oniriche che chiedono un giusto tempo per essere capite: esse, infatti, presentano ritratti struggenti che paiono rifuggire ogni visione frettolosa. Questi volti dalla trama così sgranata paiono affiorare dalla nebbia o addirittura dal passato, e in questa loro sfocatura emerge, verrebbe da dire, il desiderio di uno sguardo intenso e vero, il solo capace di salvare dall’oblio perché, come leggiamo nel catalogo, «ritrarre l’umanità e farlo con frammenti di pietra obbliga a una veduta globale e originaria, senza specifiche aneddotiche o mondane, per cogliere l’essenza dell’umano, quella parte invisibile che si irradia dal corpo e anima l’atmosfera circostante».

Aleksandra Miteva

Aleksandra Miteva

All’interno di luminose campane di vetro – The Bell Jar è il titolo dell’installazione, un omaggio riconoscente a Sylvia Plath – Sara Vasini, “l’artista-studente”, ripone piccoli oggetti, semplici giochi della sua infanzia che negli anni ha gelosamente custodito e che ora ha giocosamente, con la serietà che solo i bambini attribuiscono al gioco, trasformato attraverso l’opera del mosaico. All’interno di queste fragili campane rivive, dunque, un universo personale di emozioni. In questi microcosmi della memoria Sara Vasini, che dell’infanzia ha mantenuto immutato lo stupore e la sincerità, racconta molto di sé, della sua poetica, della sua passione smisurata per il mosaico: le superfici non vanno rivestite, bensì è necessario attraverso il mosaico, inteso come espressione di sè, colmare i vuoti – «serrare il vuoto», dice l’artista – sanare le solitudini, riempire i crateri, siano essi le cavità di piccole tazze, di un minuscolo coperchio, di una cucina da bambina o quelli dell’anima. «Il gioco delle bambole, è un gioco solitario», racconta Sara Vasini, come solitario è il gioco del mosaico. 

Sara Vasini, The Bell Jar

Un’importante novità di questa biennale è la presenza della Biennale OFF, un corollario di iniziative che coinvolge tutta la città: «la Biennale conferma la propria attenzione alla creatività emergente e si apre alla città – così commenta Daniele Astrologo Abadal, responsabile scientifico – con la realizzazione di eventi espositivi disseminati nel centro storico e non solo. Un modo per restare aggiornati sulle ultime novità linguistiche dell’arte contemporanea e per riscoprire e rileggere gli angoli, i luoghi più o meno noti di Monza». Tra gli eventi della Biennale OFF si colloca anche una personale di Paola BabiniA piedi scalzi, visibile allo spazio PozziLei, un lavoro intenso e delicatamente femminile, un’installazione dove le scarpe, «manipolate e inquadrate ad arte, pur essendo state dismesse, preservano la memoria del loro vissuto e della propria condizione esistenziale, così marcata nella donna che cammina in un’infinita varietà di soluzioni stilistiche», si legge nel catalogo. La ricerca sulle scarpe, sia fotografate sia presenti come oggetto, poste all’interno di teche trasparenti dalle cromie accese, appartiene da tempo alla poetica della Babini che di esse ha fatto quasi un oggetto identitario, certamente autobiografico; In her schoes, il titolo di una mostra di alcuni anni fa, A piedi scalzi, è la sua installazione a Monza, parole che dicono una rinnovata attenzione e l’inesausta ricerca per questo tema. 

Paola Babini, A piedi scalzi
Paola Babini, A piedi scalzi

La mostra all’Orangerie è visitabile da giovedì a domenica dalle 10.00 alle 19.00 incluso il 26 dicembre. Chiuso il lunedì, martedì, mercoledì. Apertura straordinaria lunedì 6 gennaio. Informazioni al Comune di Monza, tel. 039 322 086. La mostra di Paola Babini, presso lo spazio PozziLei, Piazza, San Pietro Martire, 1, è visitabile tutti i giorni (orario continuato). 

Giovanni Gardini

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