opere di Lucia Nanni a cura di Giovanni Gardini
Quando Francesco Redi, uno dei massimi scienziati del XVII secolo, dava alle stampe il suo scritto Esperienze intorno alla Generazione degl’insetti, un testo coltissimo e per l’epoca innovativo, corredato da splendide incisioni, mai avrebbe immaginato che, a secoli di distanza, il suo ambito di studio e osservazione potesse diventare – con la stessa ostinata caparbietà, verrebbe da dire – tra i principali temi di ricerca di Lucia Nanni.
Gli insetti abitano le campagne dove mimetici si nascondono tra le foglie, vivono nei muri delle case in città; popolano i libri dei bambini, sorridenti e fantasiose creature animate, eppure, al tempo stesso, s’insinuano nei peggiori incubi generando fobie irrazionali, tanto profonde quanto immotivate.
Gli insetti sono muti e tali restano, anche nelle opere di Lucia. Lì sono ugualmente immobili, non possono scappare nelle crepe dei pavimenti o negli interstizi dei mobili né volare via, se la finestra è aperta.
Da anni, con la precisione di un entomologo, l’artista raccoglie, osserva, studia gli insetti – una delle sue grandi passioni -, un microcosmo innanzitutto da esplorare ancor prima di riprodurne le innumerevoli forme su rigidi pannelli o su morbide stoffe. Sopra al suo tavolo da lavoro si accumulano falene, api o vespe, vuoti e fragilissimi involucri, in attesa che la macchina da cucire rompa il silenzio e l’ago buchi la tela. Dalla puntasecca, per le splendide incisioni seicentesche, alla macchina da cucire, per moderni arazzi: servono innumerevoli punte di aghi per catturare ogni minimo dettaglio che con pazienza viene acquisito. Dalle eleganti zampe delle cavallette alle impalpabili ali delle libellule. Anche alle mosche è riservato uno sguardo curioso e appassionato, una particolare attenzione che le rende persino interessanti.
Gli insetti di Lucia sono enormi. Le vespe paiono uscite dalla terra di Brobdingnag – ci si aspetterebbe da un momento all’altro di incontrare Gulliver sgomento – o da un’era preistorica quanto selvaggia.
Non è solo l’ago della macchina da cucire a fissare con rumore e violenza queste enormi creature su grezzi teli di canapa o leziosi tulle; altre volte l’artista lascia che sia la colatura di dense vernici su ampi supporti a creare dall’alto, in una incredibile, perfetta e silenziosa danza di equilibri, perimetri o elaborati volumi.
Fili di cotone e fili di vernice. Sempre e solo fili. Sottilissimi. Bave di colore. Così Lucia cattura i suoi insetti. Paziente e tenace. Come un ragno.
Giovanni Gardini