“Litanie figurate” nella Basilica di Sant’Apollinare Nuovo

Le straordinarie processioni dei Santi e delle Sante nella Basilica di Sant’Apollinare Nuovo sono ascrivibili alla geniale committenza dell’arcivescovo Agnello.
John Singer Sargent
John Singer Sargent, Processione delle Sante

Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro» (Ap. 7, 13-15). Le straordinarie processioni dei Santi e delle Sante nella Basilica di Sant’Apollinare Nuovo sono ascrivibili alla geniale committenza dell’arcivescovo Agnello (556-569);
egli le fece inserire modificando parte del ciclo iconografico teodericiano, quando la basilica, per editto imperiale, passò alla chiesa ravennate: da chiesa ariana, dunque, a chiesa ortodossa, in comunione con la chiesa di Roma nella professione della fede nel Dio Uno e Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo. E’ il Liber Pontificalis della chiesa ravennate ad informarci di come «il beatissimo vescovo Agnello all’interno di questa città riconciliò la chiesa di S. Martino confessore [oggi conosciuta con il nome di Sant’Apollinare Nuovo], fondata dal re Teoderico e chiamata “Cielo d’oro”; decorò la tribuna e le pareti con immagini musive di martiri e vergini che vanno in processione (…). Da Ravenna, nella parte degli uomini, escono i martiri che vanno verso Cristo; da Classe le vergini procedono verso la santa Vergine delle vergini; le precedono i magi che portano doni» (traduzione a cura di M. Pierpaoli, pp. 106-107). I Santi, a destra di chi entra, e le sante precedute dai Magi, a sinistra, si collocarono dunque all’interno di un ciclo iconografico prestabilito, tra la civitas Ravennae e il Cristo in trono e la civitas Classis e la Vergine in trono con il Bambino: quali immagini andassero a sostituire non è dato di sapere, anche se la critica è concorde nel proporre l’ipotesi che essi andarono a sostituire personaggi legati al potere goto e alla fede ariana. Se varie sono le ipotesi circa la scelta dei santi raffigurati – tema di studio ancora aperto – è indubbio che le raffigurazioni dei ventisei Santi e delle ventidue Sante, insieme all’iconografia dei Magi, vanno lette come presenza autorevole di testimoni dalla fede ortodossa, antiariana, a partire da Martino di Tour, malleus haereticorum, posto a capo del corteo maschile e da Eufemia di Calcedonia, protettrice dell’ortodossia, posta a capo del corteo femminile. Scrive don Giovanni Montanari a proposito di Martino e di Eufemia: «le Sante che partono dalla città di Classe sono precedute da S. Eufemia, allo scopo di indicare la Chiesa Orientale – grande, cattolica, veramente ortodossa nell’adorazione di Cristo – così come S. Martino indica la Chiesa Occidentale» (G. Montanari, Mosaico, culto, cultura. La cultura religiosa nei mosaici delle Basiliche ravennati, Ravenna 2000, p. 64). La processione dei santi si apre quindi con S. Martino di Tours, seguito da Clemente e Sisto, vescovi della chiesa di Roma, Lorenzo, diacono della chiesa romana, Ippolito, Cornelio, vescovo di Roma, Cipriano di Cartagine, Cassiano, martire della chiesa di Imola, i fratelli romani Giovanni e Paolo martiri al Celio, Vitale, con i figli Gervasio e Protasio e con il compagno di martirio Ursicino, medico ligure, Nabore e Felice, soldati di origine nordafricana, Apollinare di Antiochia, primo vescovo della chiesa ravennate, Sebastiano, Demetrio di Tessalonica, Policarpo di Smirne, Vincenzo, Pancrazio, Crisogono, Proto, Giacinto, Sabino di Spoleto; la processione delle Sante dopo Eufemia presenta Pelagia, la vergine martire di Antiochia, Agata, Agnese, Eulalia, Cecilia, Lucia, Crispina, Valeria, moglie di Vitale, Vincenza, Perpetua e Felicita, compagne di martirio, Giustina, Anastasia martire di Sirmio, Daria, Emerenziana, Paolina, Vittoria, Anatolia, Cristina, Savina, Eugenia. E’ indubbio che questo elenco di santi, al pari di altre raffigurazioni, delle dedicazioni di edifici ecclesiastici, della presenza delle reliquie (si veda ad esempio l’elenco delle Sante Reliquie che, stando al Liber Pontificalis, l’arcivescovo Massimiano depose nella chiesa del beato Stefano) costituisca un’importantissima attestazione di culto e documentazione preziosa, per l’agiografo ed il liturgista, ai fini della ricostruzione del contesto ravennate. Non mancano tuttavia le difficoltà: sono ancora oggetto di studio e di ricerca le motivazioni che hanno guidato l’arcivescovo Agnello nella scelta di santi e sante qui rappresentati e nell’esclusione di altri. Manca una piena corrispondenza con i santi ricordati nel Canone romano o nel Canone ambrosiano, anche se molti di quelli che gli antichi testi ricordano sono raffigurati lungo le pareti della Basilica. Appartengono a questa “litania figurata” santi di origine romana, si pensi ad esempio a Lorenzo o Agnese, santi che hanno un particolarissimo rapporto con il contesto ravennate come Apollinare, sono raffigurati altri martiri italici come Agata di Catania o Lucia di Siracusa, martiri africani come ad esempio Cipriano di Cartagine, santi delle Gallie, a Martino di Tour sarà addirittura dedicata la basilica, santi delle provincie d’Oriente, a titolo esemplificativo ricordiamo Eufemia di Calcedonia, colei che apre il corteo delle sante, oppure Policarpo, il santo vescovo di Smirne. Un confronto necessario, per rimanere in ambito ravennate, va fatto con la Cappella arcivescovile di Sant’Andrea, piccolo oratorio ascrivibile alla committenza di Pietro II (494-519) – quindi precedente ai mosaici agnelliani – dove sono raffigurati, oltre agli apostoli, dodici santi, divisi in egual numero tra uomini e donne, e disposti come nella Basilica di Sant’Apollinare nuovo: i santi a destra, le sante a sinistra. Alcuni santi sono in comune con la basilica di Sant’Apollinare Nuovo: per gli uomini abbiamo Cassiano, Policarpo, Crisogono mentre per le sante abbiamo Eufemia, Cecilia, Perpetua, Felicita, Daria. Anche la Basilica di San Vitale presenta alcuni santi che ritorneranno nel “martirologio agnelliano”: Vitale con i figli Gervasio e Protasio, questi ultimi accomunati nella basilica giustinianea, ai santi apostoli. Un confronto, seppur veloce, va fatto anche con alcune chiese – ci si limiterà a ricordare alcune Basiliche ancor oggi in uso a Ravenna – dedicate a quei santi che ricorrono nel catalogo agnelliano: Sant’Apollinare in Classe, San Vitale, Sant’Agata, Sant’Eufemia, Santi Giovanni e Paolo, oggi conosciuta come chiesa dell’angelo custode… Anche i Magi, rappresentazione sempre dell’epoca dell’arcivescovo Agnello, appartengono alla schiera dei santi, nel loro essere testimoni autorevoli di fede ortodossa, attraverso i doni di oro incenso e mirra. Nel XI secolo l’autore del Liber Pontificalis commentò questa immagine con solenni parole: «I tre doni preziosi contengono in sé misteri divini, e cioè l’oro significa potere regale, l’incenso la figura sacerdotale, la mirra la morte, per mostrare in tutto questo che è lui che ha preso su di sé le iniquità degli uomini, cioè Cristo (…). E perché non sono quattro, perché non sei o due, ma proprio in tre sono venuti dall’Oriente? Per significare la pienezza perfetta di tutta la Trinità» (traduzione a cura di M. Pierpaoli, p. 107). Vorrei concludere questa breve riflessione sulle due processioni dei Santi e delle Sante della Basilica di Sant’Apollinare Nuovo con quanto ebbe a scrivere Giovanni Lucchesi a proposito di questi straordinari mosaici; leggendoli in stretta relazione con la liturgia egli riconosceva il tema della comunione dei Santi: «Martiri e Vergini rappresentano ed accompagnano misticamente tutto il popolo ravennate. E’ pertanto la chiesa ravennate, divisa in uomini e donne così come si trovavano disposti nelle antiche basiliche, che offre i suoi doni al Signore, rappresentata misticamente da Santi e Sante ed in comunione con loro. (…) l’orizzonte si allarga: è tutto il popolo ravennate in comunione coi Santi che offre il suo omaggio a Dio. Nuova e stupenda interpretazione iconografica dell’Offerta, in una grandiosa prospettiva di comunione della Chiesa pellegrina con quella del cielo» (G. Lucchesi, I santi celebrati dall’arcivescovo Agnello, in Agnello arcivescovo di Ravenna, Studi per il XIV centenario della morte (570-1970), Faenza 1971, pp. 68-69).

Giovanni Gardini

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