Tra le scene cristologiche della basilica di Sant’Apollinare Nuovo è particolarmente interessante quella che mostra le donne recarsi alla tomba del Signore il mattino di Pasqua.
Il sepolcro emerge al centro della composizione; alla sua sinistra un angelo dalla candida tunica siede su una roccia e annuncia alle donne che Gesù è risorto. Queste ultime, poste sulla destra, indicano la tomba vuota di Cristo, un gesto, il loro, che traduce lo sguardo al luogo dove il Signore era stato deposto.
La prima delle due donne indossa un prezioso abito purpureo con decorazioni in oro, una veste che nell’iconografia rimanda a Maria, la madre di Gesù. Se i vangeli non raccontano mai della sua presenza al sepolcro del figlio, né sono concordi sul numero e sui nomi delle donne che vi si erano recate, l’interpretazione di questi antichi testi, talvolta, riconosce in queste donne proprio la figura di Maria.
Ad esempio Pietro Crisologo, vescovo di Ravenna nella prima metà del V secolo, nei suoi Sermoni sulla Pasqua rilegge poeticamente questo passo evangelico e immagina che nel nome che accomuna queste donne, quello di Maria, sia da riconoscere la madre di Cristo creando così un parallelismo tra il suo grembo e quello della terra, tra la nascita e la risurrezione:
«Maria, il solo nome della Madre di Cristo. Venne Maria al sepolcro. Venne all’utero della risurrezione, venne al parto della vita, perché Cristo nuovamente nascesse alla fede dal sepolcro, come era stato generato da un grembo di carne».
Giovanni Gardini
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