I RIQUADRI CRISTOLOGICI NELLA BASILICA DI SANT’APOLLINARE NUOVO

La Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, straordinario monumento riconosciuto dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, risale alla committenza del re goto Teoderico, fine V- primi VI secolo, che ne fece decorare l’interno con splendidi mosaici. Nella navata centrale è tuttora visibile parte del ricco ciclo iconografico teodericiano arricchito, nella seconda metà del VI secolo, dai mosaici commissionati dall’arcivescovo Agnello, quando – sconfitti i goti – la basilica, per editto imperiale, passò alla chiesa ravennate e da luogo di culto ariano divenne luogo di culto ortodosso.

Il registro sopra alle finestre, oggetto di questo breve contributo, è databile interamente all’epoca teodericiana e presenta all’interno di ventisei riquadri – tredici per parte – scene d’ispirazione evangelica che hanno come tema la vita pubblica del Signore; entrambi i registri vanno letti partendo dall’altare e procedendo verso l’ingresso.

Il registro della parete sinistra presenta scene legate ai miracoli e alle parabole del Signore. Nel primo riquadro, prima di un restauro che ne modificasse l’iconografia stravolgendone l’interpretazione, erano raffigurate le nozze di Cana, il primo segno compiuto dal Signore, quello stesso che fece sgorgare la fede nel cuore dei suoi discepoli (Gv 2, 1-11). Al posto delle ceste, visibili tra il servo inginocchiato e Gesù, vanno immaginate le idrie per l’acqua.

Al segno delle nozze di Cana fa seguito il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mt 14, 13-21): Gesù, posto al centro del riquadro, benedice le offerte, accolte dai discepoli affinché siano sfamate le folle accorse per ascoltare la parola del Signore e per essere da lui guarite. Alla sinistra di Cristo sono Pietro e Andrea, riconoscibili per le particolari caratteristiche iconografiche che li contraddistinguono: Pietro ha barba e capelli corti, mentre Andrea, suo fratello, ha una folta capigliatura.

Il terzo riquadro raffigura la chiamata dei primi discepoli secondo la versione narrata dal vangelo di Luca, il quale racconta la loro vocazione contestualmente alla pesca miracolosa (Lc 5, 1-11).

La quarta e la quinta scena presentano due miracoli di guarigione: Gesù dona la vista ai ciechi di Gerico (Mt 20, 29-34) e risana l’emorroissa (Lc 8, 40-48). Di questa donna non conosciamo il nome, ma la sua fede per la quale è stata salvata.

Il sesto riquadro, al pari del quinto, ha come protagonista una donna: una samaritana intenta ad attingere acqua al pozzo di Giacobbe incontra Gesù, il quale le annuncia come sia giunto il tempo in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità (Gv 4, 1-42).

Segue la resurrezione di Lazzaro episodio cardine che preannuncia la definitiva vittoria della vita sulla morte (Gv 11, 1-45).

La parabola del pubblicano e del fariseo al tempio (Lc 18, 9-14) e la successiva scena incentrata sull’episodio dell’obolo della vedova (Lc 21, 1-4) invitano a riflettere sulla verità della propria fede: Dio non guarda l’apparenza, ma il cuore dell’uomo.

Il tema del giudizio di Dio è ripreso nella decima scena nella quale è raffigurato il giudizio finale secondo le parole di Gesù (Mt 25, 31-46). Al centro della composizione è il Figlio dell’uomo – il Cristo giudice – che separa le pecore guidate dall’angelo rosso, simbolico riferimento alla luce del cielo, dai capri posti alla sinistra dove è l’angelo blu, simbolo della notte, della morte.

Le ultime tre rappresentazioni riguardano altrettante guarigioni, miracoli che non coinvolgono solo la sfera fisica, ma portano la salvezza all’uomo, considerato nella sua pienezza di anima e corpo. Il paralitico di Cafarnao calato nella casa dove si trovava Gesù (Lc 5, 17-26), la guarigione dell’indemoniato di Gerasa (Lc 8, 26-39), il paralitico di Betzatà (Gv 5, 1-18) diventano elementi paradigmatici della salvezza operata da Cristo.

Lungo la parete destra si snodano scene legate al ciclo della passione e resurrezione di Cristo. Se le scene di sinistra hanno mostrato un volto di Cristo giovane, imberbe, queste di destra mostrano il Cristo barbato. Egli è sempre vestito con la tunica porpora, segno di regalità: anche nelle scene di passione è raffigurato come il Signore della gloria.

Il racconto della settimana santa inizia con l’ultima cena; questa immagine in Sant’Apollinare Nuovo è una delle più antiche rappresentazioni e trova un autorevole parallelo nel codice purpureo di Rossano. Il riquadro è incentrato nel momento in cui si svolge il drammatico dialogo tra Gesù e i dodici: «Uno di voi mi tradirà» (Mc 14, 17-21). La scena è dominata da un gioco di sguardi che si fissano su Gesù e su Giuda. Sulla mensa, qui rappresentata come un altare liturgico, sono pani e pesci.

Nel secondo pannello è mostrata la preghiera nell’orto del Getsemani: Gesù è raffigurato nella posa dell’orante, come Colui che si affida totalmente al Padre (Mc 14, 32-42). Seguono la scena del bacio di Giuda (Mc 14, 43-49), di Cristo condotto a giudizio (Lc 22, 54) e di Gesù davanti al Sinedrio (Mc 14, 53-65).

La sesta e la settima scena hanno come protagonista Pietro. Nella prima immagine Gesù predice il suo tradimento; al centro, su una colonna, sta un gallo a ricordare le parole del Signore: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte» (Mc 14, 26-31). Nella seconda scena si consuma il tradimento di Pietro: alla serva che lo indica come uno dei discepoli di Gesù, Pietro risponde di non averlo mai conosciuto (Mc 14, 66-72).

Al tradimento di Pietro fa seguito la scena in cui Giuda riporta i trenta denari ai sacerdoti e agli anziani dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente» (Mt 27, 3-10).

Il nono riquadro presenta Gesù condotto davanti a Pilato (Mc 15, 1-15), cui segue la salita al monte Calvario: il Cireneo porta la croce, che significativamente è realizzata con tessere dorate (Mc 15, 20-22). Dopo questa scena si passa direttamente ai vangeli della resurrezione, omettendo il momento della crocifissione di Gesù. L’annuncio dell’angelo alle mirofore recatesi di buon mattino al sepolcro del Signore apre la narrazione: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. E’ risorto» (Mt, 28, 1-8), cui fanno seguito le apparizioni del Cristo ai discepoli di Emmaus – dove il Signore si fa compagno di viaggio spiegando le Scritture e spezzando il Pane (Lc 24, 13-35) – e agli apostoli riuniti nel cenacolo otto giorni dopo la Pasqua (Gv 20, 24-29). Tra i presenti è anche Tommaso il quale non aveva creduto alle parole degli apostoli che gli avevano annunciato il Risorto: il Cristo mostra le ferite dei chiodi e del costato ed egli, prostrandosi, lo riconosce Dio e Signore.

 

Giovanni Gardini

Consulente per i Beni Culturali della Diocesi di Ravenna-Cervia

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